Consumi: tra Reset e Revenge Spending vince la Neo-Essenzialità

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La domanda che il mondo del retail si sta ponendo è: come cambieranno i consumi nell’epoca post-Coronavirus? Molti gli scenari che gli esperti di marketing, comunicazione e ricerche di mercato ci hanno sottoposto in queste settimane. Si parla di Revenge Spending e Reset Spending, ma cosa esprimono questi concetti esattamente? Facciamo alcune premesse.
Dalle rilevazioni di GfK durante il periodo di lockdown è emerso un desiderio di cambiamento da parte degli Italiani e si sono delineati nuovi scenari nell’ambito delle abitudini e dei consumi. L’interesse per l’ambiente si sta rimodulando, i modelli della sharing economy (ovvero i concetti di condivisione dei servizi, in primis i trasporti) dovranno essere ricalcolati in base alle esigenze di salute e sicurezza. Ma non è tutto: sono aumentati sia il tempo da trascorrere in casa, sia la fruizione dei contenuti media, tradizionali e digitali. L’informazione è diventata un bene di prima necessità. Secondo uno studio riportato da Hootsuite e condotto su un campione di 25mila consumatori in 30 diversi mercati mondiali, durante il picco di emergenza sanitaria l’utilizzo dei canali social è cresciuto del 50% rispetto al periodo precedente, con un tasso di coinvolgimento individuale del 61% rispetto al normale dato medio. Anche le persone generalmente distanti dalla tecnologia e dai social, in questo momento si sono avvicinate agli strumenti digitali e li hanno utilizzati per comunicare e per informarsi. Parallelamente è cresciuto anche l’ecommerce, che ha potuto mostrare le proprie potenzialità persino ai più scettici.  In questo quadro si prospettano due scenari, opposti tra loro. Il primo è ottimistico: dopo il trauma prevarrà la voglia di tornare a fare shopping – come prima o più di prima – una sorta di rivalsa che riporterà il mercato ai livelli pre-emergenza (Revenge Spending). Un simile scenario si è già concretizzato in Cina nelle prime settimane dopo la riapertura, dove non sembra vi sia stato un significativo stravolgimento nei valori e nei comportamenti di consumo post quarantena. La seconda ipotesi invece si basa sulla cautela: l’emergenza sanitaria ci ha cambiato e ci ha reso diffidenti, insicuri, più poveri. L’epidemia ha messo in discussione i nostri valori e il nostro stile di vita, quindi anche le nostre necessità (Reset Spending).  In tal caso prevarrà il desiderio di risparmio e i consumatori si orienteranno verso prodotti e servizi di base.

Tra questi due scenari opposti esiste, per fortuna, una via di mezzo: la Neo-Essenzialità. Si tratta di un trend già in incubazione da tempo, la cui maturazione è stata accelerata dal lockdown e dalla relativa crisi. Questa tendenza vede consumi normalizzati, equilibrati e consapevoli, con l’attenzione puntata sulla qualità dei prodotti e dei servizi, sulla valorizzazione del territorio e del capitale umano. Una nuova essenzialità per scelta, non per paura. Servirà quindi un “New Deal” col consumatore -un nuovo patto – e la comunicazione dovrà essere meno narcisistica e più scientifica, per recuperare quella eventuale distanza che l’incertezza e lo stress hanno frapposto tra brand, retail e clienti.